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Philharmonie de Paris: il grande progetto di Jean Nouvel.

3 Feb

Philharmonie-de-Parisvista diurna dal Parc de la Villette di B. Tschumi.

Grand Paris è l’ambizioso progetto di riqualificazione urbanistica dell’area metropolitana di Parigi promosso dall’ormai ex Presidente Sarkozy, un piano molto criticato e oggetto di un pubblico dibattito sull’ingerenza dello Stato nelle questioni locali.
La Philharmonie, frutto di un processo lungo e non lineare, è il progetto più importante e l’unico in via di realizzazione di questa iniziativa.
Ateliers Jean Nouvel . Philharmonie . Paris (11)
vista aerea del inserimento nel Parc de la Villette.

Nel 2007 viene indetto un concorso internazionale per la progettazione di questa struttura dedicata alla musica e alla cultura, che completerà la Cité de la Musique all’interno del Parc de la Villette di Bernard Tschumi, nell’area nord est di Parigi.
I sei finalisti sono:
Coop Himmelb(l)au;
Jean Nouvel;
MVRDV;
Christian de Portzamparc;
Francis Soler;
Zaha Hadid.
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il modello con il rivestimento in metallo.

L’ Atelier Jean Nouvel si aggiudica la vittoria con un progetto che viene definito “un’architettura innovativa. (…) con una sistemazione avvolgente del pubblico rispetto alla scena, al fine di rendere intimo il rapporto tra orchestra e spettatori.”
I lavori si bloccano nel 2009 per mancanza di fondi statali, anche a fronte di un notevole incremento dei costi in fase d’opera -pare che il costo sia lievitato da 110 milioni di euro a quasi 400. Nel 2011 il cantiere riparte, in seguito alla firma di un contratto con un raggruppamento di imprese (secondo quanto riporta «Le Moniteur» composto da Bouygues Bâtiment Ile-de-France, Belgometal N.V, Gemo, Ingerop Conseil et ingénierie, Inéo Tertiaire Ile-de-France, Axima Seitha, AMG-Fechoz, Lindner AG, SAS Sodifra Agencement, GDF Suez Energie-Services-Cofely, QPark France, Otis, Ega, Cunin SA, Philharmonie Park, Soletanche Bachy Pieux) per la realizzazione e la sua gestione per 15 anni. La conclusione è prevista ufficialmente per il 2014, secondo alcuni è più probabile che sia il 2015.urlil modello con il rivestimento in metallo, altre due viste.

La Philharmonie sarà un auditorium da 2400 posti, la cui acustica “soddisferà le norme internazionali più rigorose -Jean Nouvel si è associato ad Harold Marshall con la consulenza di Yasuhisa Toyota. (…) L’edificio che si svilupperà su una superficie di circa 20.000 m² utili, comprenderà – oltre al grande auditorium, ai foyer e alle sale prova – locali amministrativi e tecnici, uno spazio dedicato alle attività educative, zone espositive, un bar, un ristorante, le infrastrutture necessarie alla logistica e al materiale tecnico e un parcheggio.” (Cit. sito ufficiale).
Nonostante i pesanti tagli del governo Hollande, lo stato di avanzamento del cantiere ha portato alla decisione di terminare i lavori di quello che il Guardian, in un articolo del 10 Novembre 2010, definisce “one of the world’s most expensive concert halls.”.
“Philharmonie de Paris” è diventata una sorta di evento, pubblicizzato sul web e su tutti i social media.

7101590345_39ee56dfda_zstato di avanzamento del cantiere.

Il sito ufficiale http://www.philharmoniedeparis.com/fr/ è ricco di informazioni.
Un account Flickr permette di monitorare lo stato di avanzamento del cantiere (un video ne illustra le varie fasi).

paris-villette-cite-musique-philharmonievista aerea del cantiere.

Infine il progetto viene divulgato con moltissimi video che illustrano la filosofia della struttura: avvolgere il pubblico con la musica, proprio come nella ispiratrice Berliner Philharmonie di Hans Scharoun.
Nonostante tutte queste informazioni farsi un’idea razionale del progetto non è cosa semplice. Le immagini del progetto trasmettono in modo molto efficace il senso del flusso e dell’interazione morbida e sinuosa tra i piani.
Si rilevano soprattutto sensazioni e percezioni.
Si percepisce lo “spazio avvolgente” della sala principale e si intuisce dalla dolcezza delle linee il risultato armonico dell’ambiente.14hall600visione tridimensionale della sala principale.

La volontà di decostruire la classica scatola da concerti si rivela sia nella progettazione delle sale, che dei collegamenti e dei servizi. Il concetto flusso sembra dominare e tutta la progettazione sembra seguire un crescendo musicale fino a quella sorta di punta che ospiterà la pubblicazione degli eventi.pdp-ajn-tra-coupesezione sulla sala princiale.

Non si intuisce perfettamente l’impatto di questa enorme struttura in metallo sulla trama urbana, ma si capisce, questo sì, che diventerà un nuova “architettura d’arte” che sposterà milioni di visitatori per la musica e anche solo per se stessa.villette-paris-jean-nouvel-musique1

vista notturna dalla Périphérique.

DESIGN : utilità, arte o fumo negli occhi?

24 Gen

Tanti sono al giorno di oggi i significati che diamo a questa parola usata ed abusata per esprimere il tutto e il niente.
Da definizione la parola design può essere intesa come attività alla base della costruzione di un progetto complesso, materiale o concettuale, oppure come progettazione alla base di una futura produzione industriale in serie.
Si fanno risalire le sue origini al movimento Arts & Crafts quando con l’avvento della rivoluzione industriale in Inghilterra iniziano a svilupparsi le arti applicate ed il processo artistico-creativo non è più fine a se stesso ma si allarga alla realizzazione di progetti di uso comune.
Il design però è nato quando sono nati l’uomo e di conseguenza i suoi bisogni primari, è nato per rispondere a questi con la miglior soluzione possibile, per costruire un riparo, fabbricare utensili per cacciare, pescare e coltivare la terra, è nato quando l’uomo ha usato il suo intelletto per semplificarsi la vita.

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evoluzione del coltello nella preistoria

Fino a poco tempo fa si dimenticava  la funzione primaria svolta dal design, poiché la società del consumo ci ha reso dipendenti  da bisogni creati proprio da essa stessa. Il vero designer non dovrebbe farsi coinvolgere in una operazione che è a solo profitto dell’industria e a danno del consumatore, soprattutto perché, ormai, a seguito di questa crisi, questa tendenza sta un po’ cambiando: si sta tornando al volere oggetti che costano secondo il loro vero valore e di una qualità che trascende i limiti temporali della moda passeggera. Se prima, quindi, si dava molto e troppo valore agli oggetti che probabilmente non ne avevano, ora la maggior parte delle persone tende a dargliene meno di quello che effettivamente hanno. Se all’inizio dei tempi design poteva avere un significato tecnico, col passare degli anni ha assunto accezioni intrinseche che rimandano alla sociologia, al rapporto tra l’oggetto ed il suo utilizzatore, alle sensazioni provate nell’usare un determinato prodotto ed anche, ultime ma non meno importanti, alla creatività all’estetica e all’arte.

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Servizio di posate ZAHA – Zaha Hadid

Non dobbiamo quindi dimenticare che dietro alla creazione di un oggetto utile ed economico c’è un processo di semplificazione che è molto più difficile di quello che si pensa, e a questo punto risulta impossibile non citare Bruno Munari ed il suo “Da cosa nasce cosa”:

“Semplificare vuol dire cercare di risolvere il problema eliminando tutto ciò che non serve alla realizzazione delle funzioni. Semplificare vuol dire ridurre i costi, diminuire i tempi di lavorazione, di montaggio e di finitura, vuol dire risolvere due problemi assieme in un’unica soluzione, semplificare è un lavoro difficile ed esige molta creatività.
Complicare è molto più facile, basta aggiungere tutto quello che ci viene in mente senza preoccuparsi se i costi vanno oltre i limiti di vendita, se ci si mette più tempo a realizzare l’oggetto e via dicendo.
Bisogna dire però che il pubblico in genere è più propenso a valutare il tanto lavoro manuale che ci vuole a realizzare una cosa complicata piuttosto che a riconoscere il tanto lavoro mentale che ci vuole per semplificare, dato che poi non si vede. Infatti la gente di fronte a soluzioni estremamente semplici che magari hanno richiesto lunghi tempi di ricerche e di prove dice:” ma come, è tutto qui? ma questo lo so fare anch’io!”

QUANDO QUALCUNO DICE  “LO SO FARE ANCH’ IO” VUOL DIRE CHE LO SA RIFARE, ALTRIMENTI L’AVREBBE GIÀ FATTO PRIMA!!!

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Set di posate per aperitivo MOSCARDINO – Matteo Ragni e Giulio Iacchetti
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Finger biscuit – Paolo Ulian